#CultInQuarantena – Qualcuno volò sul nido del cuculo

Con il decreto di ieri, che ha sancito l’inevitabile fine di questa quarantena, giunge al capolinea anche la nostra rubrica.

In questo ultimo articolo voglio parlarvi di un altro emozionante cultissimo uscito nel 1975, diretto da Forman e interpretato magnificamente da Jack Nicholson, definitivamente consacrato come uno dei miglior attori di sempre.

La storia narra le vicende di un delinquente ( Randle McMurphy/Jack Nicholson) che viene trasferito dal carcere ad un ospedale psichiatrico. Il compito dei medici è di stabilire se il protagonista sia effettivamente pazzo o se stia fingendo per evitare il carcere. Il suo arrivo però scombinerà la vita dei pazienti del manicomio…
One Flew Over the Cuckoo’s Nest è un capolavoro della storia del cinema. L’unico tra i pochi ad aver vinto tutti i 5 oscar principali ( Miglior film, miglior attore, miglior attrice, miglio regia e miglior sceneggiatura). La prova degli attori, che interpretano grandiosamente i loro personaggi affetti da svariate malattie psichiche, è davvero bella da vedere.

Ma partiamo dal titolo.

Il “nido del cuculo” è una delle tante espressioni statunitensi usate per indicare un manicomio. Il titolo assume così un forte significato simbolico. Il nido rappresenta il manicomio stesso, dove la società ha abbandonato quegli individui che non riteneva adatti, che giudicava diversi. Quel qualcuno, invece, è proprio McMurphy che, in bilico tra la pazzia e la normalità, mostra allo spettatore l’inumana condizione in cui vivono i pazienti di un ospedale psichiatrico.

Ma che cosa vi credete di essere, vacca troia? Pazzi? Davvero? Invece no. E invece no. Voi non siete più pazzi della media dei coglioni che vanno in giro per la strada, ve lo dico io.” (Randle McMurphy)

La pellicola pone come obiettivo primario la denuncia dei metodi adottati in quegli anni negli ospedali psichiatrici. Questi metodi, rigidi e schematici, si scontrano inevitabilmente con il protagonista che regala ai pazienti dell’ospedale quella caratteristica che più di tutte rappresenta l’essere umano: La Libertà. Tra tutti i temi descritti, tra tutte le riflessioni che i personaggi del film ci spingono a fare, la libertà è il più considerevole. E’ la libertà che cerca McMurphy, è la libertà che cerca Il Grande Capo, altro personaggio fondamentale della vicenda. L’ospedale psichiatrico con i suoi metodi sadici e in particolare l’infermiera Ratched sono l’ostacolo a questa libertà. La pellicola acquista cosi un tono poetico, riscontrabile anche nella fotografia che, agli oscar del 1976, ricevette solo la candidatura, perdendo contro quella di Barry Lyndon.

Il finale, molto drammatico e di grande impatto emotivo, pone in risalto il tema principale della narrazione, tramite l’opposto epilogo a cui McMutphy e Il Grande Capo andranno incontro.

GREEN BOOK – IL VIAGGIO DI UN’AMICIZIA

Prendete un nero che non è affatto un nero, veste con abiti sfarzosi, non fa musica jazz, non conosce Aritha Franklin, ha un maggiordomo indiano e vive in solitudine. Poi prendete un bianco che non è affatto un bianco, fa il buttafuori, ha il pugno facile, non sa scrivere una lettera e ingurgita quintali di cibo ( soprattutto il pollo fritto). Mettete tutto insieme ed ecco che nasce un’esilarante commedia giocata su un continuo ribaltamento dei ruoli e sulla distruzione degli stereotipi. Mahershala Ali  intrpreta un talentuoso pianista di musica classica che insieme al suo autista ( il nominato all’oscar Viggo Mortensen) dovrà portare la sua musica nel sud di un’ America in cui il sentimento razziale è ancora molto radicato. La pellicola, diretta da Farrelly, è completamente costruita sul rapporto tra i due protagonisti, le cui identità uguali e opposte si scontreranno creando momenti tanto umoristici quanto drammatici. Nascerà una grande amicizia tramite la quale ognuno imparerà qualcosa dall’altro. Si, perchè Green Book è un Road Movie. Il viaggio compiuto dai protagonisti non è solo quello al volante della Cadillac Sedan DeVille ma è anche metaforico. I risultati di questa maturazione reciproca si mostreranno in quello che sarà un lieto fine e l’inizio di rara e preziosa amicizia.

Green Book è un viaggio nell’animo umano, che ci narra, con leggerezza e ironia,  di un’amicizia sincera e genuina che supera l’insensato odio discriminatorio dell’America degli anni 60′.

 

E voi avete apprezzato questa pellicola premio oscar al miglior film? Scrivetelo nei commenti.

PARASITE – LA RECENSIONE

Prima di iniziare a scrivere questo articolo, ho digitato su internet la parola parassita per cercarne la definizione e sono rimasto vagamente sorpreso di quanto sia rappresentativa del film. In biologia, qualsiasi organismo animale o vegetale che viva a spese di un altro;

La storia narra le vicende della famiglia Kim che vive in uno scantinato, con gli scarafaggi, in povertà assoluta e con una orrendo scorcio che dà sul marciapiede, dove gli ubriachi si fermano per orinare.

La svolta sembra avvenire quando il figlio riesce a trovare un lavoro, presso la ricca famiglia Park, come insegnante di inglese. Piano piano tutti i Kim troveranno lavoro dai Park, vi si insinueranno come Parassiti.

In questo film anche gli ambienti sembrano dialogare tra loro, molte volte lasciando un messaggio. La casa dei Kim è per certi versi l’esatto opposto di quella dei Park, e riflette le differenze sociali tra le due famiglie.

Infatti la pellicola è fortemente incentrata sulla lotta di classe. Esprime un pensiero preciso e lo fa attraverso una regia potentissima che raggiunge il culmine della maestria nella scena più violenta, mettendo fine al meccanismo Parassita-Organismo che si era instaurato tra le famiglie.

I Kim, abili mentitori, si mischiano perfettamente tra i ricchi, tranne per quella puzza inconfondibile che simbolicamente segna il limite invalicabile tra poveri e ricchi. Questa condizione pesa, più di tutti, sul padre che non riesce a sopportare il fatto di essere un Parassita. Egli è indubbiamente il personaggio più carismatico e forse più importante dell’intera pellicola, perché si fa carico del significato del film.

Incredibile il ribaltamento a cui lo spettatore incredulo assiste a metà del film. Quando tutto sembra tracciato, quando sembra che andrà a finire in un certo modo, il regista, con abilità, stravolge l’intera trama e intrica ancor di più il legame tra Parassiti ed Organismi, tra ricchi e poveri, come a voler dire che la ricchezza non nasce dal nulla ma che si fonda sempre(?) su qualcosa di oscuro, di orribile. È questa la funzione metaforica della stanza segreta sotterranea nella casa dei Park, ma non vi svelo altro; perché forse c’è ancora qualcuno che il film non l’ha visto ( cosa state aspettando?).

Bong Joon Ho parla di un tema delicato, quanto mai attuale, e lo fa con un’opera sublime, magistrale, che cambia sempre forma e che non si schiera mai.