La serie animata di Zerocalcare, nuovo fenomeno netflixiano, nasconde dentro di sé un’incredibile forza narrativa, capace di catturare il cuore di ogni spettatore. Personaggio figlio dell’ironia di un disagio generazionale, Calcare vive una vita normale, come quella di tutti noi. Ha degli amici con cui passa il suo tempo, Sara e Secco, una madre ansiosa che si chiede se ha mangiato abbastanza e si lamenta per il disordine della casa, una coscienza a forma di armadillo che lo tormenta e infine, come tutti, ogni giorno si scontra con le sfide e dilemmi della vita. Impossibile non ammirare l’approccio meravigliosamente fantasioso con cui Zero ci racconta le disavventure della sua vita, per il quale la semplice descrizione di casa sua diventa la storia di un grande mondo fantasy in cui alcuni regni, la foresta di fili dietro la televisione, il sacro tavolo sommerso di oggetti mai messi in ordine, lo studio pieno degli scatoloni del trasloco di dieci anni fa, hanno dichiarato l’indipendenza e bramano di conquistare il divano di spade, l’unico luogo della casa necessario a tutte le principali funzioni vitali.
Oltre a questo però il vero segreto del successo di questa serie sta nel modo così diretto, intimo e autentico (e romanesco) con cui ci immedesimiamo nel protagonista, che parla in maniera stravagante e coinvolgente della sua vita (e della nostra), arrivando a trattare temi di grande profondità, sia emotiva che concettuale, ma che senti comunque incredibilmente vivi e vicini.
E’ così che nel finale, in un crescendo narrativo emotivamente superbo, Zero capisce l’importanza del dolore.. L’importanza di una ferita che si ricuce ma di cui resta il segno. Arriva a comprendere che la vita spesso non va come noi vorremmo, che i bordi non si strappano come avevamo immaginato e che quando guardiamo il foglio, questo a volte ci è sufficiente per tirare avanti e altre volte no.
Zerocalcare scrive in romanesco, ma il suo è un linguaggio universale in grado di leggere la realtà che ci circonda e di scavare dentro l’animo dello spettatore, perché in fondo siamo un po’ tutti come lui. Siamo un po’ tutti Zerocalcare.